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Oggi è il 30esimo anniversario della morte di Bob Marley. Sono passati ormai tanti anni dalla scomparsa di questo importante simbolo della musica, eppure il suo nome è ancora attualissimo ma soprattutto la sua musica è fresca e giovane come se in realtà non fosse passato neanche un giorno. Bob Marley non è semplicemente il fondatore di un nuovo genere musicale, il raggae, nato dall’unione di ska giamaicano e sound statunitense, egli è stato soprattutto una guida, una figura rivoluzionaria per la sua generazione e per quelle successive. Nelle sue canzoni ritroviamo esperienze di vita come la miseria del ghetto di Kingstone nel quale ha vissuto con la madre, la violenza e i maltrattamenti. Bob Marley si fa portavoce della lotta contro l’oppressione politica e razziale, della libertà dei popoli, soprattutto degli africani, tant’è che viene invitato alla celebrazione della liberazione dello Zimbabwe. Inoltre il suo impegno politico è stato rilevante in alcune occasioni, come quando tentò la riappacificazione politica di due partiti in lotta, invitando i due leader a stringersi la mano o la sua ancora più incisiva dimostrazione di coraggio e di forza quando a pochi giorni dall’evento “Smile Jamaica” subì un attentato insieme alla moglie Rita, in seguito al quale non si tirò indietro, ma prese parte al concerto senza esitazione e alla domanda sul perchè avesse accettato ugualmente di suonare egli rispose: “Perché le persone che cercano di far diventare peggiore questo mondo non si concedono un giorno libero… Come potrei farlo io?!”
I primi passi nel mondo della musica
A Kingston un giovanissimo Marley muove i suoi primi passi nel mondo della musica anche grazie alla sua amicizia con Neville O’Riley Livingston e Peter McIntosh, che più tardi si faranno chiamare rispettivamente Bunny Wailer e Peter Tosh, con cui fonderà nel 1966 i Wailers. Nello stesso anno sposa Rita che lo introduce al Rastafarianesimo (una dottrina basta sulla Bibbia ma che riconosceva come proprio messia l’allora re d’Etiopia Hailé Selassié). Questa sua conversione sarà fondamentale soprattutto dal punto di vista dei contenuti delle sue canzoni. Con i Wailers Marley comincia ad esportare il raggae in giro per il mondo riscuotendo un grande successo. Nel 1973 esce “Catch a fire”, mentre soltanto un anno dopo, “Burnin” che contiene brani come “Get up, stand up” e “I shot the Sheriff”, di cui Eric Clapton farà una cover. In seguito i Wailers si sciolgono per ragioni ancora non ben note, ma Bob Marley continuerà a suonare in giro per il mondo sotto il nome di Bob Marley & the Wailers pubblicando singoli di enorme successo come “No Woman No Cry“. Nel 1976 si trasferisce nel Regno Unito dove registrerà Exodus e Kaya.
Il cancro
Nel 1977, in seguito ad una partita di calcio, Marley nota una ferita all’alluce destro dandole però, poco conto. Soltanto in seguido si viene a conoscenza che il fatto è molto più grave: gli viene diagnosticato un melanoma maligno e gli è subito consigliata l’amputazione del dito. Egli rifiuta, probabilmente a causa della sua religione, secondo cui il corpo deve rimanere integro. In soli quattro anni il cancro si estende dall’alluce agli organi vitali portandolo alla morte a soli 36 anni. La Giamaica gli tributa esequie di stato a cui partecipano una moltitudine di persone. Viene seppellito nella sua città natale: Nine Mile.
Si racconta che le sue ultime parole, indirizzate al figlio Ziggy Marley, furono: “Money can’t buy life” (“I soldi non possono comprare la vita”).Laura Cataldo
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